La struttura di reinserimento nasce come risposta a un bisogno emergente di prendere in carico persone in difficoltà, che sono intenzionate a vivere sul territorio in modo diverso rispetto al passato, sia dal punto di vista personale sia sociale. Raggiungere un livello di autonomia adeguato, però, significa mettere in discussione se stessi e le relazioni interpersonali. I nostri ospiti sono messi quotidianamente di fronte a una realtà concepita come stressogena e usurante, che minaccia di sconvolgere il loro equilibrio emotivo, mentale e fisico. Alcuni individui, tuttavia, escono da queste prove non soltanto indenni, ma rafforzati. E non è soltanto questione di fortuna o forza fisica, ma di una qualità interna chiamata resilienza. Ma che cos’è la resilienza, come possiamo coltivarla? E quali trasformazioni porta nelle vite di chi la abbracciano?
La resilienza per definizione può essere considerata come la capacità di rispondere in modo positivo a un evento negativo, quindi una qualità sana di funzionamento che consente di organizzare al meglio la propria vita dinanzi alle difficoltà e alle esperienze forti vissute dall’individuo. In alcuni casi la persona resiliente può persino fare crescere la fiducia nelle proprie capacità e scoprire risorse fino a quel momento sconosciute. La resilienza, intesa come la capacità di affrontare, e di riuscire a riorganizzare la propria vita, non è da confondere con la resistenza, che implica il bisogno di opporsi e di non adattarsi alle situazioni difficili, come reazione difensiva alla propria vulnerabilità. Lo sviluppo di questa importante capacità è correlato anche alla qualità delle relazioni che gli ospiti sono in grado di instaurare, all’interno e all’esterno della struttura, e al sostegno pratico ed emotivo fornito dagli operatori, che possono aiutare a sviluppare o rinforzare questa risposta resiliente.
Sono diversi i fattori che influenzano la risposta di resilienza di una persona: l’ottimismo, l’autostima, la capacità comunicativa, il senso dell’umorismo, l’empatia e le strategie di coping. Questa abilità sono competenze che possono essere sviluppate dagli operatori e dagli ospiti durante il percorso di reinserimento. Nell’età adulta la capacità di resilienza dipende molto dalla valutazione positiva di sé e delle proprie capacità, nel senso di fiducia a fronteggiare le avversità. La cooperativa Terra Mia ha introdotto da alcuni anni formazioni sulle life skills, rivolte agli operatori e agli ospiti delle strutture, come possibilità di accrescere alcune competenze trasversali utili nel lavoro con le persone fragili e per affrontare in maniera più efficace il percorso in comunità. Sviluppando competenze legate alla consapevolezza di sé, alla comunicazione efficace e alla gestione dello stress, infatti, si incrementano le risorse sulla valutazione positiva di sé e sulle proprie capacità, con un effetto positivo sulla resilienza.
Alcuni studi hanno approfondito gli esiti resilienti in seguito a particolari eventi di salute: la resilienza riduce la probabilità di sviluppo di ansia e depressione in contesti di comunità, consentendo agli individui una maggiore accettazione e reazione di fronte ai fattori di stress, considerati come sfide da accettare. La resilienza, dunque, è un costrutto dinamico, in cui due fattori, la persona e la situazione, interagiscono nel corso del tempo per sviluppare l’adattamento. Ed è importante adottare un atteggiamento che permetta di adattarsi alla realtà in maniera consapevole. Esistono diverse tecniche per aumentare la resilienza, come la mindfulness, che può aiutare a ridurre la percezione dello stress e a migliorare la capacità di gestirlo. Coltivare la resilienza, quindi, richiede impegno e pratica costante, ma i frutti di questo lavoro sono una vita più ricca, significativa e piena di speranza, nonostante le sfide che possiamo incontrare lungo il percorso.
Le psicologhe di Via Nizza
(Cantisani, Patrini e Trichilo)