In ascolto degli adolescenti ai tempi della pandemia
L’anno che si è concluso è stato un tempo particolare per tutti noi, lo è stato per tutti coloro che a vario titolo operano all’interno dell’Istituzione scolastica, ma sicuramente e maggiormente lo è stato per i ragazzi. Gli adolescenti in questo tempo sospeso, sono stati attraversati da tante emozioni: impotenza, senso di precarietà, frustrazione, rabbia e paura.
Non è stato facile per loro tollerare le attese e stare a casa tutto il giorno incollati agli schermi; dover stare a casa ha significato rinunciare a vedere i propri compagni di scuola, la fidanzata o l’amico del cuore con cui si faceva sport, insomma rinunciare ai bisogni psicologici e relazionali essenziali per questa fascia d’età.
In questa fase delicata della loro esistenza non è stato semplice per molti di loro, comprendere il significato delle regole e dei divieti. Il compito dei genitori sarebbe dovuto essere quello di entrare in empatia con i bisogni dei propri figli, cogliendo l’occasione per instaurare con loro un dialogo più autentico. L’ambiente domestico sarebbe dovuto diventare un luogo di ascolto, ma sappiamo dai loro racconti che purtroppo non è sempre stato così, viste le difficoltà pregresse di ogni famiglia, lo stato d’ansia vissuto anche dai genitori stessi e le complicanze lavorative ed economiche che molti genitori si sono trovati a vivere improvvisamente.
Per metabolizzare un concetto nuovo come una pandemia, i ragazzi, in linea generale, hanno attraversato alcune fasi: – la prima è stata quella della negazione e della paura, in cui non si è riusciti a capacitarsi di quanto veniva comunicato. I ragazzi hanno fatto molta fatica a modificare il proprio stile di vita; anche perché la società del benessere in cui viviamo aggiunge un livello di complessità, perché siamo abituati ad un certo livello di agio e di comfort, per cui rinunciarvi suona come una privazione inaccettabile. – la seconda fase è stata quella della rabbia: l’imposizione di una restrizione, il contatto prolungato tra le mura di casa con genitori, fratelli e sorelle, talvolta in ansia, ha fatto insorgere in alcuni casi insofferenza ed aggressività nei confronti della situazione. – La terza fase è stata quella della negoziazione, si è scesi a patti e si sono immaginati scenari alternativi. – Successivamente, molti di loro, si sono lasciati andare alla rassegnazione, fase in cui si sono allentate le pressioni e ci si è rassegnati al fatto che fosse necessario portare pazienza, osservare le norme ed attendere che la pandemia si concludesse. – Infine, la fase dell’accettazione, è stato il momento in cui si è iniziato a convivere con le nuove condizioni, trovando un nuovo assetto personale.
Nonostante la straordinaria capacità di adattamento dimostrata, che ha consentito loro di affrontare questo difficile momento, è emerso da molti studi, finora effettuati, che i costi psicologici delle restrizioni, in caso di epidemie, sono molto alti. La chiusura delle scuole ed il confinamento di bambini e ragazzi ha effetti negativi sia sul loro piano fisico che mentale. Le evidenze, infatti, hanno rilevato che quando i ragazzi non vanno a scuola sono fisicamente meno attivi, trascorrono molto più tempo davanti agli schermi televisivi, tablet, smatphone, ecc., alterano gli schemi del sonno, che diventa così irregolare e sono meno favorevoli ad un regime alimentare adeguato, con conseguente aumento di peso ad esempio. Tali effetti negativi sulla salute peggiorano di molto quando i ragazzi sono confinati nelle loro case senza attività all’aperto e senza l’interazione diretta con i loro pari. Non meno importante sembra, in ogni caso, l’impatto psicologico sui ragazzi che l’isolamento forzato ha creato. Fattori stressanti come la durata prolungata dell’isolamento, infatti, eventuali paure in relazione alla malattia e al contagio, la frustrazione e la noia, la mancanza di movimento fisico e delle pratiche sportive, la mancanza di contatto diretto con i compagni di classe, gli amici e gli insegnanti, il cambiamento spesso indotto dall’isolamento dei ritmi, degli spazi e degli equilibri domestici possono aver generato ulteriori fragilità. Senza considerare quelle situazioni critiche di per sé, come le famiglie problematiche o disfunzionali, dove i figli vivevano già prima in un clima psicologico negativo, che l’isolamento forzato ha amplificato ulteriormente.
In una situazione dove è certamente opportuno tutelare la salute fisica delle persone, è altrettanto doveroso porre attenzione alla salute mentale della popolazione, i bambini e gli adolescenti, che dai dati attuali sono stati maggiormente risparmiati dal virus dal punto di vista fisico, non lo sono stati per quanto riguarda il loro benessere psicologico ed emotivo.
All’interno del nostro osservatorio degli Sportelli d’ascolto scolastici ci stiamo trovando ad accogliere molto malessere: la depressione, l’ansia, la fatica, le famiglie scoppiate, le fragilità che si rompono. Per affrontare tutto questo dovremo essere capaci, ancora più di prima, di produrre parola, cultura, pensiero e riflessione, tenere alto lo sguardo e trasformare la crisi in opportunità. Sono solo la parola e la cultura che seminano in un territorio desertificato. Ognuno di noi, con il proprio ruolo, dovrà cercare di sviluppare il pensiero e trovare strategie e risorse per affrontare le conseguenze di questo anno faticoso.
In questa prospettiva il nostro lavoro di ascolto psicologico e orientamento all’interno delle scuole è stato e sarà un piccolo seme per dare voce e parola, per aiutare ragazzi e famiglie a dar senso a qualcosa che “un senso non ce l’ha”.
Elisa Russello
Psicologa, Psicoterapeuta dell’età evolutiva, referente degli Sportelli d’Ascolto Scolastici per la S.C.S. Terra Mia onlusspilla